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La Resistenza di Kobane e l’esperienza della regione del Rojava nel Kurdistan siriano, dovrebbero veramente far vergognare sia i fautori delle varie forme di intolleranza, ostilità e veleni razzisti, che tutti i poteri occulti, ma anche meno occulti, che ne curano la regia e che, dopo i tragici fatti di Parigi, rischiano di aumentare a dismisura.


Il racconto e l’appello accorato di una donna di Kobane, in diretta Skype con il Frantoio delle idee, a Cinquefrondi, nell’ambito della Manifestazione Arance solidali per Kobane, che si è tenuta il 10 gennaio, possono dare una risposta, anzi la giusta chiave di lettura, su ciò che sta accadendo nel Medio Oriente e, in senso più ampio, nel mondo intero. Sono proprio loro, le donne e i combattenti di Kobane, che rappresentano tutti i veri resistenti del mondo, a dirci la verità, quella verità che non trapela mai, nella sua completezza, dai mezzi di informazione. Qui ci troviamo di fronte ad una lotta di resistenza contro un mostro che ha tante teste: sono le teste dell’Isis, delle potenze imperialistiche, degli egoismi e dell’inciviltà mondiale, che attuano il sistematico svuotamento delle risorse dei paesi sottosviluppati, che trasformano i mari in cimiteri e che non arretrano di un passo di fronte al corpo scheletrico di un bimbo. Ed è sempre lo stesso mostro, dalle fauci insaziabili, che si alimenta di follie collettive e di progetti di morte in nome di un solo invincibile signore: il Potere con le sue logiche assurde. Dalle macerie della guerra siriana, dai muri sventrati delle case, dalla minaccia continua di cecchini appostati anche a solo qualche metro di distanza, come l’Araba fenice, risorge il senso dell’umano, della solidarietà umana. E’ la regione autonoma del Rojava che, in condizioni di estrema difficoltà, di accerchiamento ed isolamento, essendole negato persino l’unico corridoio umanitario possibile, quello con la Turchia, si è costituita in una confederazione. Curdi, arabi, assiri, caldei, turcomanni, armeni e ceceni, in spirito di riconciliazione, pluralismo e partecipazione democratica, stanno sperimentando, non una, ma la, e sottolineo la, forma di vivibilità possibile in questo mondo, oramai al collasso per il sistema di sfruttamento ed ingiustizia imperante. E’ la forma delle Comuni, dell’autogoverno, della cooperazione, della partecipazione paritaria e del rifiuto di ogni forma di fondamentalismo e militarismo. Questo stanno sperimentando gli uomini e le donne della regione del Rojava, e sono musulmani, cristiani, ebrei, segno che una società giusta ed in pace è possibile, pur nella diversità. Gli scontri tra le religioni sono un’invenzione di chi ha interesse a fomentarle. Gli scontri reali sono tra un’umanità che vuole vivere e gioire creando civiltà, ed un’umanità, povera di spirito, che conosce una sola strada per l’autoaffermazione: il sopruso, lo sfruttamento, la ricchezza, la violenza. “La Resistenza di Kobane é la resistenza del ventunesimo secolo”: con queste parole si è concluso il collegamento Skype da Kobane. Ed è proprio su queste parole che occorre riflettere con mente e cuore sgombri da barriere e pregiudizi.

Rosanna Giovinazzo

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