Logo

Per chi piace leggere, studiare, mettersi in discussione e approfondire l’argomento ripendo uno studio sull’identità per merito di alcuni importanti sociologi e storico per una maggiore riflessione sul concetto di processi sociali che caratterizzano le società occidentali in particolare, a proposito del concetto della formazione idenitaria dei nuovi gruppi sociali.

L’identità è uno stato di bisogno, ma anche una pretesa sempre insoddisfatta. In particolare l’identità Calabrese (molti saggi e testi sono stati scritti a tal proposito, sui processi storici, ma pochi sulla loro nuova attualizzazione sociale) è stata investita da un importante shock culturale a seguito della riunificazione italiana è stato detto, con un po’ di amarezza, che è la coscienza della sua stessa perdita. Come mai?

Diversi fattori contribuiscono normalmente alle crisi d’identità in una società tradizionale: la deriva dell’universo contadino, il venir meno dai legami solidali, l’irruzione dell’economia di mercato, i mutamenti del paesaggio, la nuova mobilità degli indigeni, l’ingresso di una nuova figura sociale del mafioso e della criminalità organizzata. Anche gli impatti del turismo e dell’immigrazione (entrambi comportano ospitalità) sono da ricordare come agenti di riflessione sul nocciolo duro della propria identità.

Di tanto in tanto (ri)nasce così un processo di identizzazione, cioè la (ri)costruzione di una identità nella quale riconoscersi. Quest’operazione - un po’ tribale - non deve meravigliare. Storici e sociologi concordano sul fatto che lo stesso concetto di “Calabresità” è per certi versi una costruzione culturale, specie se si risale alla storia che precede quella degli ultimi due secoli. I classici elementi del catalogo identitario di origine nazionalista sono: una storia che stabilisca la propria continuità attraverso le epoche, una serie di eroi “campioni dei valori”, una lingua, un folklore, alcuni luoghi della memoria, un paesaggio caratteristico, specialità culinarie, bandiere, animali simbolici, eccetera.

 

Crisi: Opportunità o condizione sfavorevole?

Il concetto di “crisi dei valori” se assume connotato negativo può rappresentare un problema nella ricerca della nuova sistemazione sociale del concetto d’identità. Quante volte abbiamo sentito dire: << “I valori della famiglia si stanno perdendo”>>

Questa frase è la classica omologata - fissa - statica a rappresentazione di come si creino rigidità e paure rispetto alle grandi opportunità che il concetto di crisi offre a quei valori ormai superabili in termini di pratiche, comunicazione tra le persone.

La via più facile, ma meno interessante e con tutti i limiti della nostalgia è considerare l’identità un condensato del mondo tradizionale ormai passato. La via più avventurosa per definire la nostra identità, invece, è andarla a cercare nei valori della vita quotidiana. A patto, però, di non partire con preconcetti e dunque, che l’identità esista a priori, o che l’identità risieda nella famiglia, nel lavoro, nella religione o nella vita associativa. Entrambe queste identizzazioni alla fine rischiano di diventare specchietti per le allodole, usati in funzione politica. Sono spesso retoriche, strumentali, inaccettabili.

Nella dialettica tra specificità e omologazione che contraddistingue i nostri tempi, vi sono due modi di intendere l’identità: la superata visione fissista e quella convenzionalista (vedi sopra il concetto di crisi). Per la prima l’identità esiste, punto e stop. Per la seconda è “fluida”, si può discutere e, come abbiamo visto, “decidere”. Sempre che il cambiamento non sia avvertito come una minaccia.

 

 

L’identità come relazione, confronto

Le identità che nella storia hanno resistito sono quelle che hanno saputo affrontare e inglobare gli elementi estranei. Gli irrigidimenti, per contro, di solito producono crepe. L’identità non è qualcosa che si conquista e che si ha, per sempre: costruita o ereditata che sia, va lavorata, conservata, migliorata guardando al futuro. E’ relazionale, insomma: è definita dal rapporto con l’altro, dalla cui esistenza essa dipende. Il confronto fa crescere solo chi non teme la diversità e non ha paura di perdere la propria. Detto per inciso, una cultura si perde quando non è più viva.

 

 

Su Wikipedia, alla parola “cultura:

Esistono quindi diversi significati del concetto di cultura:

1) Secondo una concezione classica la cultura consiste nel processo di sviluppo e mobilitazione delle facoltà umane che è facilitato dall'assimilazione del lavoro di autori e artisti importanti e legato al carattere di progresso dell'età moderna.

2) Secondo una concezione antropologica la cultura - o civiltà - presa nel suo più ampio significato etnologico è “quell'insieme complesso che include il sapere, le credenze, l'arte, la morale, il diritto, il costume, e ogni altra competenza e abitudine acquisita dall'uomo in quanto membro della società” secondo la nota definizione dell'antropologo inglese Edward Taylor (da Cultura primitiva, 1871).

 

Sia nel primo sia nel secondo caso evidenzio come l’arte rappresenta il vero motore di un nuovo sviluppo culturale. Nel caso specifico dell’ambiente sociale di Cinquefrondi, per far si che la cultura non cessi di alimentare il processo d’identizzazione, è necessario che Artisti e Arte continuino a produrre messaggi e contenuti per stimolare il senso critico delle persone e delle comunità come generatore e (ri)generatore di dialoghi comuni e (ri)costituire nuove relazioni sociali, senza scadere eccessivamente nel relativismo e nella spersonalizzazione “mediatica”…Allodole come specchio? No, Grazie!

 

di Salvatore Borelli
(ricercatore indipendente operatore di strada)

 

Copyright © 2014 Michele Conia - All rights reserved - Powered by Lamorfalab.com